Un leggenda vivente ripercorre all'Arena Flegrea decenni di jazz e sperimentazione con un quintetto d'eccezione ed una dedica a Pino Daniele.
Quando c'è da festeggiare un compleanno significativo, Chick Corea fa sul serio: per i suoi 60 anni, nel 2001 si regalò una retrospettiva di tre settimane al Blue Note Jazz Club, replicata per i 70 e sempre ricca di partner. Ma era "solo" a New York. Per i 75 anni, Mr. Corea oltre alla maratona newyorchese (2 mesi con una dozzina di bande e nomi come Ravi Coltrane, Brad Mehldau, John McLaughlin, Victor Wooten, Marcus Miller, Lenny White, Gary Burton e Kenny Garrett), ha preparato stavolta un tour che ha toccato Napoli in una delle due tappe italiane, con un concerto indimenticabile grazie ad una formazione sensazionale che vedeva Kenny Garrett al sassofono, Wallace Roney alla tromba, Christian McBride al basso e Marcus Gilmore alle percussioni.
Se il 12 giugno il genetliaco è stato dunque dedicato in forma privata alle improvvisazioni sui testi di Ron Hubbard a bordo della nave Freewinds, queste tappe denominate Chick Corea 75th Birthday Celebration. Homage to Heroes sono state un regalo d'eccezione per una leggenda che ha attraversato numerose sperimentazioni (a partire dalla musica elettronica assieme a Miles Davis), e sarebbe anche riduttivo elencare i generi attraversati e citati, per un artista che dopo 22 Grammy Awards (da ultimo, quello nel 2015 per il doppio album "Trilogy") è stato riconosciuto come un National Endowment for the Arts Jazz Master: con un percorso anche e giustamente autocelebrativo, ci fa ascoltare “500 miles high” che ricorda l'electric fusion dei Return to Forever, chiama a sé Bud Powell, intona Sophisticated Lady di Duke Ellington, e soprattutto incastona in un giulebbe di arte e memoria, quella Sicily che elaborò con Pino Daniele, in un'atmosfera che nonostante la predilezione per il Mediterraneo (ricordiamo anche che Chick Corea ha origini calabresi) si è mantenuta musicalmente sempre su un sound targato prettamente New York City, e mettendo in mostra un favoloso interplay con i musicisti, elemento assolutamente non scontato a causa di una media così elevata di qualità dei singoli.
La batteria di Marcus Gilmore non si è concessa molto all'estro, ma tecnicamente è stata ineccepibile ed ha fatto intendere quindi di autolimitarsi al servizio della band, mentre la tromba di uno strepitoso Wallace Roney rivelava la sua immensa devozione a Miles Davis e Kenny Garrett passava dal sax alto al sax soprano citando Horace Silver e (ancora) Miles Davis; ma il vero motore trainante, il groove offerto a tutti loro in quantità industriale era senza dubbio quello del basso di Christian McBride, fluente cascata piena di richiami agli standard di molti decenni di jazz, e stretto in un invidiabile e continuo feeling con il festeggiato; uno spettacolo raro di poco più di due ore, compresi due bis tra cui “Spain”, concepito appunto come omaggio finale in quanto eseguito in forma non completa, limitata ad una sola stesura del tema.
Infine, va elogiato lo scenario dell'Arena Flegrea, all'interno della Mostra d'Oltremare, monumento di grande bellezza che riacquista nuova vita e che ospita in queste settimane la stagione concertistica 2016, una programmazione di grandissimo spessore in spazi restaurati, a partire dalla buca d'orchestra fino ai 3.000 mq di foyer ora arredati con opere d'arte. Un esempio di recupero di spazi di eccellenza, per un'area progettata e costruita due volte dallo stesso architetto (Giulio De Luca) a distanza di 50 anni.